Il tulipano

Luigi Piovan, 2010

San Giovanni Calabria, 1999 - Tecnica mista su tela - cm 100x150 - Museo Don Calabria, Verona

Ecco davanti a noi il quadro di Giuseppe Borrello, dipinto in occasione della Canonizzazione di don Giovanni Calabria: la figura emergente infatti è proprio lui, il Santo Sacerdote veronese, attorniato da fanciulli.

L’originale, olio su tela, 100x150, è nelI’Auditorium della Casa Madre di don Calabria, in via San Zeno in Monte, 23 - Verona.
Socchiudiamo gli occhi e contempliamolo! Non ci vedete un tulipano? È proprio un tulipano con tanto di petali (la schiena delle persone) e di stami col loro filamento (il tronco delle persone) su cui s’inasta I’antera (la testa delle persone). Dunque: un tulipano, un bel tulipano variopinto, nel quale è ben visibile l’integrazione di due “generi” di pittura: la pittura del Borrello, inconfondibilmente sua... e, nella figura di don Calabria, un genere diverso, un timbro diverso direbbe Franco Patruno (cfr. F. Patruno, L’immagine di San Giovanni Calabria tra cultura popolare ed arte, Opera don Calabria, 18 aprile 1999, Verona, p. 56). Il volto di don Calabria, a detta di uno che di pittura se ne intende, Franco Patruno appunto, “è tra i meglio riusciti dell’iconografia del Santo, sia per la fluidità della pennellata che per l’incisività della definizione degli occhi” (cfr. o.c.). È inutile che vi dica che io ne sono innamorato! E con più lo contemplo, più mi parla e mi fa meditare.

Atmosfera di incoraggiamento e di consolazione

Questo volto, con quello sguardo così profondo, intenso, preoccupato e... sofferente, ma anche con quell’insieme di particolari così magistralmente seminati qua e Ià da attutire l’effetto dello sguardo sofferente e apparirti, al tempo stesso, sereno, amabile, pieno di tenerezza... questo volto... vivo, io me lo son “goduto” tante volte, e proprio negli anni più importanti della mia vita, negli anni in cui la formazione incide fortemente, modella e... lascia il timbro.

Ricordando un incontro avuto con lui, Chiara Lubich, fondatrice del Movimento dei Focolari, parla addirittura di un’atmosfera venutasi a creare in quell’incontro, e dice che “I’anima, al contatto di quella atmosfera, trovò un l’incoraggiamento ed una consolazione che non si trovano altrove”.

“Incoraggiamento e consolazione”. Proprio cosi. Quel volto, quello sguardo, ti rigenerava. Ed è proprio questa I’atmosfera che il Borrello è riuscito a “creare” nel suo tulipano. Notate, nei pochi tratti del volto dei fanciulli, notate I’attrazione e la contentezza che quei ragazzi dimostrano nel sentirsi “abbracciati” dall’amore del padre don Calabria! Ognuno di noi, quando aveva la fortuna di incrociarsi con quello sguardo, si credeva il prediletto, il beniamino e si sentiva come avvolto dal suo amore e dalla sua tenerezza.

Madonna, 2002 - Tecnica mista su tela - cm 150x150 - Chiesa Sacro Cuore, Verona

Notate anche un altro particolare: alcuni volti sono rivolti a lui, al Padre, quasi ricevessero tutto da lui; altri, invece, si guardano tra loro come se quell’atmosfera I’assorbissero dai compagni stessi. Era questo il clima che riusciva a creare intorno a sè don Calabria.

È bello anche che il Borrello abbia dipinto don Calabria vitalmente unito al tulipano e non staccato da esso! Anche lui è infatti petalo (i colori della sommità delle spalle lo lasciano intravedere), e stame di questo splendido fiore. La sua figura, pur emergendo, e doveva essere così, non è però separata, staccata dalle altre figure, dagli altri petali, dagli altri stami. E, anche se guarda lontano, non è assente, anzi, sembra stringa i fanciulli in un grande abbraccio, carico di tenerezza. E, se osservate bene, tutto questo viene sentito e goduto dai fanciulli che gli stanno come in “seno”.

Perchè don Calabria guarda lontano? E perchè ha il volto sofferente?

Don Calabria guarda lontano. Ma perchè?

Mons. Garofalo, uno dei 9 teologi censori scelti dalla Congregazione dei Santi per dare un giudizio di tutta la vita di don Calabria, ce ne dà la chiave di interpretazione quando dice che “don Calabria aveva il cuore di Cristo, specialmente per il suo sviscerato amore per la Chiesa; e, lungi dal polarizzarsi sugli interessi delle sue Congregazioni, ha vissuto profondamente per la Chiesa di Gesù, per la sua purificazione nei suoi membri, per l’unita dei cristiani, per le missioni, in un anelito di carità letteralmente universale”.

“Aveva il cuore di Cristo!“, di quel Cristo che, dopo aver detto, con grandissima afflizione: “sento compassione di questa folla”, aggiunse: “ho altre pecorelle che non sono di questo ovile! ... “.

“Don Calabria - commenta il Card. Martini - ha avuto un’apertura universale nella carità, per tutte le necessità, e con il suo impegno ecumenico si è spinto anche oltre i confini della Chiesa”. Ecco perchè don Calabria guarda lontano!

Se io dovessi dare un titolo al quadro sceglierei proprio il gemito di Gesù: “Sento compassione di questa folla!”. E allora si spiega anche la sofferenza soffusa sul volto di don Calabria. Forse che Gesù poteva ridere nel dire: “sento compassione di questa folla?” Don Calabria “aveva il cuore di Cristo”. Bene ha fatto dunque il Borrello a mettergli negli occhi le finestre del cuore - quel velo di sofferenza.

In questa icona il Borrello ha espresso molto bene I’atteggiamento fondamentale di tutta la vita di don Calabria. Era un suo carisma: sollevare dal peso della croce, caricandoselo sulle sue spalle, quanti ricorrevano a lui, affranti dall’angoscia e dal dolore. Ma sotto quella croce don Calabria non poteva certamente ridere!

L’unico volto identificabile, in questa pittura del Borrello, è proprio quello di don Calabria. Tutti i ragazzi che gli stanno attorno... quasi, non hanno volto. Anche questo particolare arricchisce il dipinto di un prezioso significato biblico-teologico. Nella sofferenza dell’umanità qui rappresentata dai più deboli e indifesi, quali sono i fanciulli, don Calabria vede “il volto sfigurato” del “Servo del Signore”, del “Cristo sofferente” che, per essersi caricato dei dolori dell’umanità, perdette persino I’aspetto d’uomo (cfr. Is 52, 14, 53, 4).

Don Calabria guarda lontano.

Una Lacrima, 1996 - Tecnica mista su tela - cm 70x100 - Euro Med Clinic Fürt, Norimberga

Ma è proprio vero che guarda lontano? Fissalo bene. Guarda proprio te. In qualunque parte tu ti metta: a sinistra - soprattutto a sinistra-, ma anche di fronte, o a destra, lui guarda proprio te, ti segue ovunque, con quel suo volto soffuso di sofferenza si, ma anche di tenerezza. E se accanto a te ce n’è un altro che gli rivolge lo sguardo, anche lui si sente guardato da don Calabria come fosse l’unico davanti a lui. Tutti e ognuno si sentono guardati, fissati, amati con cuore e sguardo di predilezione.

Succede proprio come quando, in vita, quello sguardo si posava su di te. Oh, allora... tu ti sentivi come avvolto da un’atmosfera particolare. Quello sguardo ti creava dentro energie nuove o, forse, te le risvegliava. Sperimentavi una grande gioia interiore, una grande sicurezza, la certezza che ce la facevi a raggiungere quella meta così sublime, così alta che lui, il Padre - così lo chiamavamo - ti additava.

Allora sentivi in te la gioia e la forza di “arrampicarti” e “giungere fino alla vetta per poter vedere - come assicurava lui -, anche dall’altra parte”.

“La città di Dio non ha bisogno della luce del sole”

E la luce? Che ne dite della luce? Avete notato che non si può scorgere da dove venga la luce?

C’è tanta luce in questo quadro. Sbuca da tutti gli angoll, persino dalle pieghe della veste nera di don Calabria. Ma non viene, almeno mi sembra nè da don Calabria - anche lui infatti viene illuminato -, nè dal volto di chi gli sta attorno: anche loro vengono illuminati. Anche l’edificio che sta alle spalle del tulipano - “la Casa” la chiamava don Calabria - anch’essa è nella luce, ma non si capisce da dove la riceva. Il Patruno, nel suo commento già citato, parla di “autoluminosità dei colori primari”, ma io - che pittore non sono - azzardo un’altra interpretazione, forse meno tecnica, ma... me la sento fortemente nel cuore e la esprimo come posso: è I’atmosfera stessa creata da don Calabria attorno a se col suo “prendersi cura”, col suo “caricarsi del peso degli altri”... è il fatto stesso di aver egli reso visibile, palpabile, I’amore di Dio per l’uomo...., è tutto questo che è diventato come una potente luce elettrica di luce trasformando la “città terrena” in “città di Dio”. Proprio per questo il Card. Schuster definì don Calabria “lumen Dei Ecclesiae” (luce della Chiesa di Dio). Non ci sono nubi sopra questo scenario luminoso. C’è solo un cielo tersissimo. E quegli squarci orizzontali nell’azzurro del cielo? Sono come tante fessure attraverso le quali “la citta santa, la celeste Gerusalemme” comunica e si fonde con “la citta di Dio” in terra. Ed è tutta una comunione di luce. Persino la volta celeste non può resistere alla potenza della luce che crea la vita di un “campione di evangelica carita”!

Contemplando il “tulipano” non dimenticarti di domandare al Padre Celeste che trasformi anche la tua vita - come ha trasformato la vita di don Calabria in una teofania, in una manifestazione dell’amore di Dio Padre.